Informazioni sui Parchi e sulle Aree protette

LAGO MANYARA


Il lago Manyara è un lago d’acqua alcalina situato nella parte settentrionale della Tanzania, 100 km a sud-ovest di Arusha, ai piedi dell’Escarpment occidentale della Great Rift Valley. È lungo circa 50 km e largo 16 km, con una superficie complessiva di circa 230 km². Il lago e una parte del territorio circostante formano l’area naturale protetta del Lake Manyara National Park. Il nome “Manyara” deriva dalla parola maasai emanyara, che indica una specie di euforbia, la Euphorbia tirucalli, che viene usata nella zona come siepe per delimitare i recinti del bestiame. Il lago si trova nei pressi del villaggio di Mto wa Mbu (in lingua swahili = “fiume delle zanzare”), in cui si trova un mercato locale e che raccoglie numerose etnie: Mgubwe, Iraqw, Gorowa, Irangi, Tatoga e Masai[senza fonte]. È forse l’unico luogo dell’Africa in cui si possono sentire parlare lingue di tutte e quattro le principali famiglie linguistiche africane: bantu, khoisan, cuscitiche e nilotiche. Il lago e la zona circostante, inclusa nel parco nazionale, costituiscono un ecosistema rinomato per la ricchezza di specie vegetali e animali. La vegetazione è molto varia, con zone di foresta primaria, foresta a galleria e savana, oltre alla vegetazione lacustre. La fauna comprende numerosi elefanti, babbuini, gnu, zebre, giraffe, ippopotami e altre specie. L’abbondanza di avifauna rende il lago un vero paradiso per il bird watching. Particolarmente noti sono i leoni del Manyara, che hanno in questa zona l’abitudine di arrampicarsi sugli alberi (comportamento che si osserva molto raramente altrove), e i grandi stormi di fenicotteri rosa. Ernest Hemingway, che descrisse il suo safari in questa zona nel romanzo Verdi colline d’Africa, definì il Manyara “il più bel lago di tutta l’Africa”.

ARUSHA NATIONAL PARK

Mount Meru in Tanzania (Africa) covered in big white clouds


Il parco nazionale di Arusha (in inglese Arusha National Park) è un’area naturale protetta nel nord della Tanzania, situata a 25 km dalla città di Arusha e 35 km dall’aeroporto del Kilimanjaro. Appartiene a un gruppo di parchi noto come “Northern Safari Circuit”, che include anche il parco nazionale del lago Manyara, il parco nazionale del Tarangire, il parco nazionale del Serengeti e la riserva naturale di Ngorongoro. Il nome “Arusha” deriva da Warusha, il nome della popolazione locale della regione. Molti toponimi locali sono legati alla tradizione dei Masai, un altro popolo presente nell’area. Pur essendo uno dei parchi meno estesi della Tanzania, con un’area di 137 km², il parco comprende numerosi habitat distinti. Si possono distinguere tre aree principali: il cratere Ngurdoto, i laghi Momela (o Momella) e il Monte Meru. Le pendici del Ngurdoto sono coperte da foresta pluviale, mentre all’interno del cratere si trovano paludi e aree di savana; sul Meru, in quota, si trova una vegetazione di tipo alpino. La fauna del parco è altrettanto diversificata. L’avifauna è rappresentata da oltre 300 specie, alcune migratorie e altre stanziali, buona parte delle quali concentrate nella zona dei laghi Momela, in cui si trovano enormi colonie di fenicotteri. Il parco è anche noto per avere la più grande concentrazione di giraffe del mondo. Altri animali presenti sono per esempio gli ippopotami, i bufali, i facoceri, numerose specie di antilopi, leopardi e iene.
Nel parco sono state censite 10 specie di anfibi e 24 specie di rettili. In alcune aree del parco sono possibili safari a piedi (fatto raro in Tanzania).

LAGO EYASI


Il lago Eyasi, noto precedentemente  come Lago Njarasa o Lago Hohenlohe, è un lago salato endoreico superficiale sito sul fondo della Rift Valley a pochissima distanza dal Parco Nazionale del Serengeti e subito a sud-ovest dell’Area di Conservazione di Ngorongoro, due delle più belle destinazioni in Tanzania. Il lago ha una forma allungata e si trova nel ramo Eyasi-Wembere della Great Rift Valley.
A rendere famoso l’Eyasi Lake sono principalmente due elementi: la grande biodiversità animale e vegetale e la presenza di due tribù, i Datoga e gli Hadzabe, che potrai conoscere grazie ai nostri itinerari in Tanzania. Durante la stagione secca il lago può arrivare a prosciugarsi quasi interamente, soprattutto negli anni più secchi, dando la possibilità ai pastori Datooga e ai foraggiatori di Hadza di attraversare il lago a piedi. Durante El Niño, un fenomeno climatico che provoca il riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico, il Lake Eyasi può venire inondato e attirare sulle sue rive gli ippopotami provenienti dal Serengeti.

LAGO NATRON


Il lago Natron è un lago salino della Tanzania settentrionale situato nella Rift Valley africana a circa 600 metri di altitudine, vicino al confine keniota. Nei pressi della sua riva sudorientale si trova il Vulcano Gelai. Il lago, che raggiunge a malapena i tre metri di profondità, varia in ampiezza a seconda del livello di riempimento del proprio invaso. Il suo colore caratteristico, un rosso scuro e profondo con striature biancastre superficiali dovute all’accumulo di sodio, è una particolarità comune a quel tipo di laghi in cui si verificano intensi cicli di evaporazione. Con l’evaporazione dell’acqua durante la stagione asciutta, il livello di salinità aumenta a un punto tale che colonie di microrganismi cominciano rapidamente a prosperare. Questi microrganismi comprendono i cianobatteri, piccoli batteri che si sviluppano in ambiente acquatico traendo nutrimento dalla luce solare con un procedimento simile alla fotosintesi clorofilliana delle piante. Tali batteri contengono il pigmento rosso vivo responsabile del colore del lago Natron, che assume tuttavia variazioni tonali tendenti all’arancio nelle parti dove l’acqua è meno profonda. Oltre a questi batteri, l’unico essere vivente che può sopravvivere presso le sue acque è il fenicottero minore, grazie ad uno strato protettivo corneo su zampe e becco: difatti l’acqua del lago Natron è non solo imbevibile, ma estremamente caustica anche per la pelle. Ciò è dovuto all’elevato contenuto di un composto naturale letale per moltissimi animali: il carbonato idrato di sodio, conosciuto, appunto, come natron. Utilizzato in passato nelle operazioni di imbalsamazione per le sue proprietà disitratanti, il natron rende le acque del lago simili all’ammoniaca, con un pH estremamente basico (compreso tra 9 e 10.5), mentre la temperatura della stessa può raggiungere valori proibitivi (fino a 60 °C). Nessun animale può resistere in questo ambiente caustico, tranne varie specie di alghe, pesci estremofili e fenicotteri, le quali vivono solitamente nei margini del bacino. Al contrario di quanto si pensa il lago non ha proprietà pietrificanti sugli organismi viventi, ma semplicemente le spoglie già senza vita degli animali, entrate in contatto con l’acqua fortemente alcalina e ricca di sali, non subiscono l’effetto della decomposizione, venendo dunque imbalsamati e resi simili a statue.

NGORONGORO


L’area di conservazione di Ngorongoro è un’area naturale protetta della Tanzania che si estende nella zona della caldera di Ngorongoro situata nella pianura di Serengeti, a nord-ovest della città di Arusha e ad est del parco del Serengeti, con il quale costituisce un territorio ininterrotto. L’area attorno al cratere costituisce la riserva naturale di Ngorongoro. Il cratere di Ngorongoro si trova a 2.200 metri sul livello del mare, misura oltre 16 chilometri di diametro e occupa in totale un’area di circa 265 chilometri quadrati. Si tratta della più grande caldera intatta del mondo. Il cratere appartiene all’area più estesa (circa 8300 chilometri quadrati) della riserva naturale di Ngorongoro (Ngorongoro Conservation Area, o NCA). L’intera area della NCA è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Grazie alla buona piovosità, agli stagni e ai piccoli laghi e torrenti interni, alla nebbia notturna che circonda e alimenta le foreste dei pendii del vecchio vulcano, la zona è divenuta un vero e proprio ecosistema. La savana occupa la zona più interna del cratere, alternandosi a tratti di palude, macchie di acacia e zone aride semi-desertiche; al centro del cratere si trova un lago. Nel cratere la concentrazione di fauna è impressionante: si calcola che sia abitato da oltre 25000 animali di grossa taglia. L’immagine più tipica è probabilmente quella degli enormi branchi di zebre e gnu, ma nel cratere abita la gran parte delle specie tipiche della savana: elefanti, leoni (un centinaio, questa è la popolazione a maggiore densità di tutta l’Africa), bufali, iene, sciacalli, ippopotami, babbuini, ghepardi,nonché alcune piuttosto rare come i rinoceronti neri, ultimi superstiti di una specie che nel resto della Tanzania è sull’orlo dell’estinzione, e i leopardi, che vivono sugli alberi della foresta pluviale che ricopre i pendii del cratere. Innumerevoli le specie di uccelli attratte dalla riserva, che con i suoi numerosi specchi d’acqua costituisce un richiamo per la fauna migratrice: tra essi meritano una segnalazione particolare i fenicotteri, che qui costituiscono una delle colonie più numerose di tutta l’Africa. Assenti invece le giraffe e gli impala. Le locali tribù masai hanno il diritto di pascolo in questa zona e può capitare di incontrarle con il loro bestiame.

SERENGETI


Il Parco nazionale del Serengeti (in inglese Serengeti National Park, dalla lingua delle popolazioni masai locali, “pianura sconfinata”) è una delle più importanti aree naturali protette dell’Africa orientale. Con una superficie di 14.763 km², si trova nel nord della Tanzania, nella pianura omonima, tra il lago Vittoria e il confine con il Kenya (1.30′-3.20′ S, 34.00′-35.15′ E), adiacente al parco keniota di Masai Mara, alla riserva naturale di Ngorongoro e ad altre importanti riserve faunistiche.
Dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1981, rappresenta una delle principali attrazioni turistiche della Tanzania, e la più importante di un sistema di quattro aree naturali protette, che include anche il Parco nazionale del lago Manyara, il parco nazionale del Tarangire, il parco nazionale di Arusha e la riserva naturale di Ngorongoro. Il parco comprendeva inizialmente anche il cratere di Ngorongoro, che divenne area protetta indipendente nel 1956.

Dopo il raggiungimento dell’indipendenza da parte della Tanzania, l’amministrazione del parco è stata affidata al TANAPA (Tanzanian National Parks). Nel 1981, l’UNESCO ha dichiarato il parco Patrimonio dell’umanità per la sua ricchissima biodiversità. Si trova nel nord della Tanzania; il suo confine settentrionale coincide con quello fra Tanzania e Kenya, e lo divide dalla riserva keniota del Masai Mara. Fra i due parchi non esistono recinzioni, e la fauna si sposta liberamente dall’uno all’altro; particolarmente note sono le massicce migrazioni stagionali di gnu. Oltre che col Masai Mara, il Serengeti confina a sudest con la riserva di Ngorongoro, a sudovest con la riserva faunistica di Maswa, a ovest con le riserve di Ikorongo e Grumeti, e a nord con quella di Lalianda. Il clima tropicale della zona è caratterizzato da due periodi di piogge stagionali: le “grandi piogge” da aprile a giugno e le “piccole piogge” da ottobre a dicembre. La parte meridionale del parco è costituita da vaste praterie aride, interrotte da collinette di roccia metamorfica spesso circondate da cespugli e alberi, e note localmente come kopjes. Queste piccole formazioni rocciose sono affiorate in seguito all’erosione del terreno circostante da parte degli agenti atmosferici. Procedendo verso nord il paesaggio cambia: la maggiore piovosità, che alimenta anche qualche fiumiciattolo permanente, favorisce la crescita di foreste a galleria e la formazione di zone di savana alberata (caratterizzata da boschetti di acacia) e di savana di boscaglia spinosa. La giraffa modifica l’aspetto del Serengeti: rosicchiando regolarmente le cime delle acacie conferisce loro la caratteristica forma piatta. Agli inizi del Novecento un’epidemia di peste bovina uccise così tanti erbivori che i pascoli si trasformarono in boscaglie. L’erba del parco appartiene soprattutto alle specie Digitaria macroblephara e Sporobolus marginatus. Gli alberi più diffusi sono quelli del genere Commiphora e diverse specie di Acacia (A. drepanolobium, A. gerrardii, A. lehay, A. seyal e A. tortilis). Il Serengeti è celebre soprattutto per la sua eccezionale ricchezza faunistica, che ne fa una delle regioni più rappresentative dell’ecosistema della savana subsahariana e una delle maggiori attrazioni turistiche dell’Africa orientale. Vi si trovano, tra l’altro, tutti e cinque i cosiddetti “big five”: elefante, leone, leopardo, rinoceronte (nero) e bufalo.

Le mandrie di ungulati (soprattutto zebre e gnu) raggiungono in questa regione numerosità eccezionali, e danno luogo a spettacolari migrazioni stagionali fra le praterie del sud e il Masai Mara.

TARANGIRE


Il parco nazionale del Tarangire (in inglese Tarangire National Park) è un’area naturale protetta della Tanzania settentrionale. Si trova un centinaio di chilometri ad ovest di Arusha, sulla strada che conduce a Dodoma, a sudest del lago Manyara. Prende il nome dal fiume Tarangire, che lo attraversa. Rispetto a parchi come quello del Serengeti, il paesaggio è più verdeggiante; attorno al fiume si trovano estese paludi e pianure alluvionali, ma anche boschi. Soprattutto durante la stagione secca, il parco ospita numerosi animali: zebre, gnu, alcelafi, kudu minori, dik-dik, numerose specie di gazzelle, bufali, giraffe, elefanti, felini quali ghepardi e leoni. Una delle specie arboree più caratteristiche è l’acacia ad ombrello (Acacia tortilis). È il parco tanzaniano con la maggior concentrazione di baobab.

KILIMANJARO


Il Kilimangiaro o Chilimangiaro (in inglese e in swahili Kilimanjaro), con i suoi tre coni vulcanici Kibo, Mawenzi e Shira, è uno stratovulcano in fase di quiescenza, situato nella Tanzania nordorientale. Con i suoi 5895 metri s.l.m. è il monte più alto del continente africano, la montagna singola più alta del mondo e uno dei vulcani più alti del pianeta oltre ad essere una delle Sette cime del pianeta. È uno stratovulcano formato da tre crateri: il più antico, Shira, ad ovest, con un’altitudine di 3962 metri, il Mawenzi ad est, con un’altitudine di 5149 metri e, tra i primi due, Kibo, che è il più recente e mostra tuttora segnali di attività, in forma di fumarole. Tra il Kibo e il Mawenzi giace una piattaforma di circa 3600 ettari, chiamata “la sella dei venti”, che costituisce la maggiore area di tundra di altura in Africa. Nel 2003 gli scienziati hanno constatato che una certa quantità di magma si trova a soli 400 metri sotto il cratere: si teme quindi che il vulcano possa collassare (o esplodere) come fece il Monte Sant’Elena (Stati Uniti) nel 1980. Anche se non si hanno informazioni precise su quando sia avvenuta l’ultima eruzione, alcune leggende locali fanno pensare che ce ne sia stata una circa 170 anni fa.La sommità del vulcano è ricoperta da un ghiacciaio perenne (il Ghiacciaio di Rebmann). Le sue vette, insieme a quelle dei Monti Meru, erano state denominate dal mercante greco-romano Diogene Monti della Luna. Diogene le avvistò durante la Spedizione romana alle sorgenti del Nilo, pressappoco intorno al 100 d.C. Non è noto da dove provenga il nome Kilimangiaro, ma esistono varie teorie. Gli esploratori europei adottarono questo nome nel 1860, affermando che questo era il nome della montagna in lingua swahili, supponendo che Kilimangiaro si potesse scomporre in Kilima (Swahili per “collina”, “piccola montagna”) e Njaro che, per alcune teorie, è un’antica parola Swahili per bianco o splendente, mentre per altri è una parola di origine non Swahili; ad esempio nel linguaggio Kichagga la parola jaro significa “carovana”. Il problema di tutte queste teorie è che non sono in grado di spiegare perché viene utilizzato il diminutivo kilima, invece della parola più appropriata per indicare montagna, cioè mlima. Un approccio differente suppone che Kilimanjaro derivi dal Kichagga kilemanjaare o kilemajyaro che significa “che sconfigge uccello/leopardo/carovana”. Tuttavia questa teoria non può spiegare perché il nome Kilimanjaro non era in uso in Kichagga prima delle esplorazioni europee di metà Ottocento. Nel 1880 la montagna, chiamata Kilimandscharo in tedesco, divenne una parte dell’Africa Orientale Tedesca dopo che Karl Peters ebbe persuaso i capi locali a firmare i trattati. La diffusa storia che la regina Vittoria donò la montagna a Guglielmo II di Germania è falsa. Nel 1889 il Picco Uhuru sul Kibo fu nominato Kaiser-Wilhelm-Spitze, nome utilizzato nell’Impero tedesco fino alla sua sconfitta nel 1918, quando i territori divennero parte del Tanganika, governato dagli inglesi, e il nome venne abbandonato.